21/09/2024
ITALIAN
Article: Reflections
Edoardo Ciuffreda
Innanzitutto, cosa significa “terra di nessuno”? La logica ci porterebbe ad affermare che ogni spazio di cui nessuna persona rivendica la proprietà è anche uno spazio potenzialmente appartenente a ogni persona - ogni “terra di nessuno” è perciò terra di ogni persona. Eppure, per il caso di Borgo alcune questioni ci impediscono di pensarla così. Una di queste è l’(opaca) esistenza di istituzioni statali a cui certi documenti riconducono la proprietà della terra su cui si erge Borgo - l’insediamento è stato infatti costruito entro una proprietà demaniale del Ministero della difesa dello Stato italiano.
La terra di Borgo è quindi “di qualcuno” - lo Stato italiano -, ma questa proprietà quanto è reale, prima ancora di essere legittima? Una riflessione potrebbe rendere unitaria la duplicità dell’ultima domanda: dato che un’accettabile realtà dello Stato si dovrebbe fondare sulla sua legittimità, e considerato che quest’ultima si basa su una forma ideologica democratico-liberale moderna - secondo il cui “patto sociale” ogni persona sacrifica parte della propria libertà individuale per istituire una superiore libertà collettivamente difesa (mediante la legge statale che solo così può assumere valore) -, una risposta adeguata può darsi soltanto dopo avere frequentato i luoghi di Borgo, e ascoltato da chi li abita qual è la relazione tra essi e l’economia-politica dello Stato italiano entro cui vivono e lavorano.
Dopo simili operazioni di frequentazione e ascolto, si potrebbe scoprire quanto tante di queste persone che giovano all’economia italiana, lavorando in diversi settori di quest’ultima, siano poi nei fatti private di servizi che sono stati fatti diventare fondamentali nel modello di vita creato dalla cultura burocratico-amministrativa dello Stato moderno, come i “documenti” che regolarizzano l’identità di una persona, l’indirizzo civico che attesta dove una certa persona ha la propria “residenza”, e il “contratto di lavoro” che dovrebbe permettere di garantire i diritti di chi lavora. Eppure, spesso neanche queste ultime sono possibilità di cui giovano le persone abitanti Borgo; a Borgo è un fatto evidente la privazione di diritti che lo Stato dovrebbe garantire, e dal momento quindi che lo Stato tradisce il suo “patto”, che valore assume la presenza delle sue istituzioni? Qualunque sia tale valore, sicuramente la sua importanza diventa marginale, dal momento che la terra abitata da persone tradite dallo Stato appartiene più a quelle che a questo, e allora la domanda iniziale può essere così riposta: cosa significa parlare di “terra di nessuno” là dove ci si trova ai margini dello Stato, ossia dove lo Stato è marginale, come nel caso dell’insediamento considerato? Significa ignorare le realtà sociali esistenti che quotidianamente abitano Borgo e vi lavorano per renderlo abitabile nonostante l’assenza di servizi pubblici statali, come fonti costanti di acqua potabile, reti fognarie, elettriche e del gas, nettezza urbana, manutenzione stradale, illuminazione pubblica, etc. Significa non riconoscere il fatto che la proprietà reale della terra è quella che si costruisce vivendoci, abitandovi, lavorandoci e intessendo quindi una trama di relazioni che le attribuiscono significati e valori che circolarmente ne definiscono specifiche abitudini e quindi particolari mondi.
Solo nella metafisica - e anzi neanche lì - esiste la “terra di nessuno”, perché ogni terra è parte di ecosistemi che la trasformano e in cui vite interconnesse sviluppano proprie ecologie. Riconoscere ciò ci costringe ad ammettere non soltanto l’esistenza nella ‘nostra’ cultura di una forma di ideologia proprietarista applicata al territorio, ma anche una tendenza al rifiuto di riconoscere ciò che non si vuole - o rispetto a cui non si dispongono categorie per - comprendere; una tendenza a negare o sminuire l’esistenza di ciò che può sembrare diverso rispetto a certe rappresentazioni della realtà che mediante specifici parametri gerarchizzanti sono ritenute “normali”.
Keywords: Terra, Abitare, Proprietà
Period: September 2024
Project: Camp Form(s)
Inappropriable is a research, a collective investigation and a condition of possibility which sets out to interrogate practices of inhabitation, infrastructures of life, of marronage and fugitive worldling, focusing on labour ecologies in territories of migration: frontiers where bodies, spaces and labour are reconfigured through extractive and plantation-like capitalist processes of accumulation, dispossession and exclusion.